Tenuta Cavalier Pepe

Da Luogosano al Belgio: andata e ritorno per un sogno diventato realtà
La sfida imprenditoriale di Angelo Pepe: dal primo viaggio all’estero alla nascita di Tenuta “Cavalier Pepe”, punta di diamante dell’offerta vitivinicola di qualità in Irpinia. Milena Pepe: “Il Covid ha condizionato l’ospitalità, il nostro cuore pulsante. Ma ora siamo pronti a ripartire”
La Tenuta “Cavalier Pepe” nasce da un sogno di Angelo Pepe. Studente di lingue all’Università, Angelo parte giovanissimo da Luogosano alla volta del Belgio, per approfondire gli studi e migliorare la sua conoscenza della lingua francese. Il viaggio si trasforma in una grande opportunità. Angelo inizia infatti la sua esperienza nel mondo della ristorazione come cameriere ma, ben presto, intuisce la sua vocazione e la sua attitudine all’imprenditoria. Nel 1979 apre il suo primo ristorante, “Il Sogno d’Italia“. È solo l’inizio: nel giro di pochi anni inaugura altri ristoranti, apprezzati e rinomati in tutto il Belgio. Nonostante lavori all’estero, il Cavaliere continua ad investire in Italia, e in Irpinia in particolare. Insieme ai suoi familiari, impegnati ogni giorno nella coltivazione delle preziose uve di Luogosano e Sant’Angelo all’Esca, riqualifica i vigneti di famiglia, acquistandone anche altri, con l’obiettivo di fare di Luogosano il cuore pulsante della sua attività. Nel 2005 il sogno diventa realtà, grazie alla figlia maggiore, Milena Pepe, che, a soli 25 anni, prende le redini dell’azienda insieme al padre. Dopo aver perfezionato i suoi studi in viticoltura ed enologia e dopo aver conseguito una laurea in marketing e management, Milena lascia il Belgio e si trasferisce a Luogosano, trasformando l’azienda, in pochi anni, in uno dei marchi più autorevoli del mondo dell’enologia irpina. Oggi la Tenuta “Cavalier Pepe” produce 450mila bottiglie all’anno, con 20 referenze tra vini e spumanti, Doc e Docg dell’Irpinia e della Campania. Più di 40 sono i dipendenti impegnati nella cura dei vigneti e degli oliveti della Tenuta, oltre che nei diversi ambiti aziendali, tra amministrazione, marketing, cantina, commerciale e accoglienza. L’azienda esporta in 36 paesi tra America, Asia ed Europa. La sua crescita internazionale è stata favorita dalla costante partecipazione alle collettive organizzate dalla Camera di Commercio di Avellino, dalla Regione Campania e dall’Istituto per il Commercio Estero. Vinitaly, Prowein, Vinexpo, Wine Paris sono solo alcune tra le principali fiere di settore che la vedono protagonista. Una serie di attività pesantemente condizionate dall’emergenza Covid. «Abbiamo dovuto ripensare diversi aspetti della nostra attività: dalla sicurezza sui luoghi di lavoro, alla diversificazione dei canali di distribuzione, oltre che al modo di fare comunicazione», racconta Milena. «Durante il lockdown il settore horeca si è fermato, così come gli ordini dall’estero. Di conseguenza, sono state favorite le realtà che lavorano con la distribuzione diretta al cliente finale, come i negozi specializzati, le enoteche e la grande distribuzione. Ma il vero cambiamento è quello che è stato dettato dalla mancanza del “contatto umano”. Non avendo la possibilità di partecipare a fiere ed eventi – continua l’imprenditrice – è venuta a mancare la possibilità di far degustare i nostri prodotti, un’esperienza che vale molto più di mille parole. Soprattutto, non è stato possibile effettuare i “winetour”, una tra le nostre attività che più ci gratifica. Abbiamo creato un nuovo canale e-commerce e abbiamo spinto sull’attività digitale, in cui investiamo già da anni. Abbiamo dovuto imparare come trasmettere la nostra identità e le nostre peculiarità a distanza, senza poterci relazionare direttamente con il nostro pubblico. Per fortuna ho studiato marketing e management: questo mi ha aiutato ad essere più flessibile e rapida nel prendere decisioni importanti in un momento di crisi».

Milena guarda con cauto ottimismo al futuro. «La ripresa è graduale: ancora non siamo ai livelli pre-Covid ma, probabilmente, per fine anno ci potremmo arrivare. Le esportazioni sono in ripresa, la domanda dei nostri vini all’estero è molto sostenuta, malgrado la situazione sanitaria non sia ancora delle migliori». Tornare ad una situazione di normalità e sicurezza vorrebbe dire anche riprendere a spingere e investire sull’ospitalità enoturistica. «La nostra Tenuta – precisa Milena – è sempre aperta ai visitatori. Il sabato e la domenica, in particolare, organizziamo diversi eventi speciali. L’ospitalità è il cuore pulsante dell’azienda perché ci consente di raccontare la nostra realtà in modo autentico». L’azienda irpina è iscritta al Movimento Nazionale Turismo del Vino e partecipa a tutte le manifestazioni annuali promosse dall’associazione. I format principali, naturalmente rivisti e rimodulati in questa fase di emergenza, sono: “Un giorno in Irpinia”, “Un giorno in Vendemmia” e “Cantine Aperte”. «Si tratta di appuntamenti fissi, amati da tutti i wine lover. Nei week-end offriamo la possibilità di vivere insieme a noi la vita di cantina, con visite in vigna, degustazioni e pranzo al ristorante La Veduta».
Milena Pepe è convinta che l’Irpinia possa diventare un’importante meta del turismo enogastronomico campano e non solo. «Ci vuole un’accoglienza di qualità, puntando ad innalzare le competenze degli operatori delle nostre strutture ricettive. L’Irpinia è una terra meravigliosa, con un grande potenziale, in gran parte ancora inespresso. Una delle principali cause – osserva – è l’assenza di servizi e infrastrutture. È infatti complicato raggiungere l’Irpinia, soprattutto per chi utilizza solo i mezzi pubblici. Eppure questa terra potrebbe essere una meta allettante per chi volesse trascorrere una giornata diversa all’interno del proprio tour campano che, in genere, si limita a Napoli, alle principali isole e alle zone costiere». Secondo l’imprenditrice manca anche «un messaggio corale di comunicazione per la promozione dei territori vocati, dei prodotti tipici e, soprattutto, della viticoltura. Le aziende si organizzano in autonomia e lavorano con contatti diretti, creando così un turismo a “macchia di leopardo”».