Tuareg
- Costume e società
- irpinitaly
- 18 Maggio 2023
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Il popolo blu del deserto
È uno dei popoli più affascinanti e misteriosi del nostro pianeta, tendenzialmente nomadi, ma con radici storiche antichissime, dato che si pensa discendano dai Berberi originari del Nord Africa: sono i Tuareg, chiamati anche “uomini blu”, a causa del colore dei loro abiti tradizionali. Dopo la colonizzazione francese d’inizio ‘900, il territorio venne suddiviso in Stati (Niger, Mali, Algeria, Libia e Burkina Faso), creando una frammentazione che impattò pesantemente sia sul nomadismo sia sul libero commercio (una delle loro principali fonti di sostentamento). Da ciò derivarono forti tensioni che portarono, intorno al 1990, anche a scontri molto violenti con il governo (in particolare in Niger e Mali) che causarono moltissimi morti e la distruzione di interi villaggi. Ancora oggi esistono gruppi di guerriglieri Tuareg (ad esempio il MNJ – Mouvement des Nigériens pour la justice e il FFR Front des forces de redressement), che lottano per riappropriarsi della propria autodeterminazione e indipendenza. In gran parte di religione islamica, annoverano però credenze di vario genere, che abbracciano anche l’animismo. Parlano il tamahaq, il francese (retaggio della colonizzazione) e alcuni dialetti di origine berbera. Spesso in lotta fra di loro, per ragioni territoriali, religiose e volontà di razzia, sono suddivisi al loro interno in tribù e in caste, con differenti caratteristiche e regole: al vertice della scala sociale vi sono le tribù nobili (che possiedono armi, animali – in particolare sono gli unici a poter detenere i dromedari – e potere e sono estremamente chiuse verso l’esterno), a seguire la classe media (Imghad) – storicamente assoggettata alla casta superiore a cui, in passato, doveva tributi annuali – che si dedica all’allevamento, alla pastorizia e all’artigianato e infine gli Iklan (schiavi), figure che stanno via via sparendo.
Fra i Tuareg è molto forte il senso della famiglia, in cui la donna ricopre un ruolo importante (spesso il comando si trasmette per linea materna) e gode di maggiori libertà rispetto ad altre popolazioni islamiche: sono infatti accettati i rapporti sessuali fuori dal matrimonio e il divorzio, non devono coprire il volto e viene praticata la monogamia. I dromedari rappresentano una grande ricchezza poiché sono sia una merce di scambio, sia una fonte di cibo (latte e carne), sia un mezzo di trasporto per attraversare le dune del deserto. Nell’apparente immobilità del Sahara, dove non esiste vegetazione tranne che nelle rare e preziosissime oasi, i Tuareg si spostano avendo come unici riferimenti la posizione del sole e delle stelle e come compagni di viaggio i venti che scompigliano e modificano costantemente questo oceano renoso e dorato: il caldo Ghibli, il potente Harmattan, il soffocante Simùn (che può raggiungere i 54°) e l’impetuoso Khamsin, che con la sua potenza è in grado di sollevare delle vere e proprie tempeste di sabbia. Le tende in cui vivono, sono di proprietà della moglie e vengono realizzate al momento del matrimonio per ospitare la nuova coppia. All’interno vengono cucinati piatti speziati e profumati a base di riso e carne e si svolge un rituale reso famoso anche dal film italiano: “Il tè nel deserto” di Bernardo Bertolucci.Questa bevanda rappresenta infatti un rito sacro, da condividere con i familiari e gli ospiti, che si ripete tre volte al giorno con nomi che variano a seconda del grado di dolcezza: il “tè della morte, quello “della vita” e infine il “tè dell’amore”. In pieno Sahara, si staglia la città di Agadez, capitale del Sultanato del’Aïr e importante avamposto Tuareg, nonché centro nevralgico per il passaggio delle carovane e come mercato per la vendita del bestiame, dei tessuti e dei manufatti in argento e in pelle. Qui si trovano la Grande Moschea (con il famoso minareto in sabbia e legno), il Palazzo Kaocen e quello del Sultano (che attualmente è Oumarou Ibrahim Oumarou), ma anche varie attività professionali e turistiche, l’Aeroporto di Agadez-Manu Dayak e le scuole; tutti elementi che hanno attratto alcuni di questi guerrieri fieri e coraggiosi, spingendoli ad abbandonare il nomadismo in favore di una vita più stanziale…ma con il deserto custodito nel cuore e disegnato sulla pelle. Si ringrazia per la collaborazione Henry Truchet, viaggiatore instancabile, fotografo (sono suoi i bellissimi scatti di questo articolo) e da oltre 30 anni Tour Leader per Tucano Viaggi Ricerca di Willy Fassio.