Maria Piscopo

 Maria Piscopo

Un profondo amore per la musica popolare ed il Sacro Femminile

Gli occhi di Maria Piscopo hanno sempre scrutato con curiosità l’universo delle tradizioni popolari. Sin da bambina la musica è stato un faro nel suo percorso di crescita e scoperte. Oggi è drammaterapeuta, ricercatrice, coreologa ed una suonatrice di tamburi a cornice del Sud Italia. La sua forza è legata, non solo ai vent’anni di esperienza sul campo ma, all’amore per le sue radici, l’Irpinia. E quando è in giro per l’Italia non può che contaminarla con i colori e le unicità della sua terra. Maria Piscopo ha fatto parte, per tanti anni, del gruppo di musica tradizionale ‘A Paranza r’o Lione’ di Scafati; attualmente collabora con diverse formazioni musicali che si occupano di musica tradizionale campana e del Centro-Sud Italia in qualità di cantante, suonatrice di tamburi a cornice e danzatrice. Da alcuni anni ha fondato e dirige ‘Progetto Sanacore’, formazione musicale, contenitore e, a sua volta, fucina di nuovi progetti. Una vera e propria missione culturale che reinventa un nuovo linguaggio della tradizione attraverso la collaborazione dei più talentuosi esponenti della musica popolare campana dell’ultima generazione. Attualmente è parte attiva dell’associazione Binario Vivo che anima lo spazio del Teatro Nuovo di Pisa. L’associazione, infatti, coinvolge artisti e formatori a livello regionale e nazionale che hanno condiviso l’esigenza di unire voci, professionalità ed idee con l’intento di progettare e concretizzare attività culturali. A condividere con lei questa ambiziosa esperienza c’è anche il compagno Francesco Salvadore, tra l’altro voce di un gruppo di musica siciliana, nota anche oltre i confini del Belpaese: gli Unavantaluna.

Maria, nasci e cresci a Pratola Serra, in provincia di Avellino, è proprio lì che prende forma la tua passione per la musica popolare.

“La mia famiglia, da quarantacinque anni, porta avanti l’esperienza dei Pratola Folk, un gruppo di musica popolare che mescola tradizione, innovazione ed impegno politico. E’ proprio la mia famiglia il nastro di partenza del mio lungo ed eterno viaggio nell’anima della musica e del teatro. Dopo un lungo percorso di danza accademica, sono diplomata in danza classica e contemporanea, intorno ai diciotto anni, ho iniziato ad interessarmi di questa cultura in un modo differente, più consapevole e più orientato alla ricerca, alla salvaguardia e al rilancio di essa. La mia ricerca autonoma dura da quasi vent’anni ed è adesso che credo giunga alla fase più matura e più consapevole delle responsabilità in ballo”.

 

Quando hai iniziato ad approfondire il tuo interesse nella musica popolare?

“La danza classica sicuramente ha lasciato dentro di me un segno indelebile rispetto alla biomeccanica del corpo; poi l’Università, la laurea in Saperi e Tecniche del linguaggio teatrale e la specializzazione al Teatro Ateneo della Sapienza di Roma in Drammaterapia, hanno dato un senso alla mia ricerca personale, soprattutto per ciò che concerne gli interrogativi, che hanno attraversato tutta la ricerca teatrale novecentesca, sul rapporto fra gli aspetti performativi e i rituali comunitari. Ho approfondito poi le basi della ricerca sul campo, conseguendo una terza laurea in Storia delle Tradizioni Popolari, studi Demoetnoantropologici, sempre presso l’Università La Sapienza di Roma. Questo percorso, anziché sminuire il portato della formazione sul campo e il respiro della cultura familiare, ha legittimato sempre più, al contrario, l’idea che mi attraversa della necessità storica di valorizzare e rilanciare in modo ancora più deciso le culture tradizionali”.

Sei spesso in giro per l’Italia con i tuoi laboratori. Puoi raccontarci un po’ nello specifico come sono organizzati?

“Il processo che cerco di favorire all’interno dei miei laboratori è di tipo maieutico. Cerco cioè di stimolare nel rispetto della libertà individuale la scoperta nell’immaginario di ciascun corsista della propria soggettiva interpretazione del singolo gesto lì dove esso è il riflesso di un archetipo culturale. Sono convinta che nelle danze tradizionali, nella loro trasmissione e nei riti che le tramandano sia nevralgico il rapporto fra la funzione archetipica e il rispecchiamento individuale. Mi muovo, quindi, favorendo nella danza la moltiplicazione di forme gestuali originarie che per le loro caratteristiche di autenticità e unità corpo\mente favoriscano nell’occhio dell’osservatore una funzione di riconoscimento attraverso l’attivazione dei neuroni a specchio”.

Parlaci un po’ della tua nuova esperienza con il Teatro Nuovo di Pisa e degli artisti che hanno già collaborato con voi.

“Come tutti sanno, i teatri sono stati chiusi per tanto tempo. E’ stato un periodo difficilissimo. Le nuove tecnologie ci hanno offerto una sponda e così è nata l’idea di far vivere in questi mesi il teatro in streaming. Non c’è dubbio che il teatro è l’arte performativa dal vivo per eccellenza ma questo tentativo di soccorrerlo con una realtà aumentata ha dato vita ad un embrione di IperTeatro che probabilmente resterà nella pratica collettiva anche quando avremo superato questa emergenza. Nell’immediato futuro gli obiettivi resistano quelli di sempre: riportare la gente al teatro, riportare il Teatro fra la gente!”

A cosa ti ispiri in particolare? La Fede quando è importante per il tuo lavoro?

“Mi occupo di Sacro Femminile, la mia fede è nella grande Madre e nel suo culto. Da lì parte ed è lì che tutto ancora esiste e resiste nel mondo delle tammurriate”.

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